PAROLE IN LIBERTA’…( ).

 PAROLE IN LIBERTA’…                                                           
13 giugno 07 roma

Essendo stati spesi inchiostro e parole circa le mie condizioni, la mia area di appartenenza, i miei pensieri; ci tengo ora ad esprimermi in merito, finalmente è possibile!

Ci tengo in primo luogo a ringraziare, davvero forte, tutti coloro che, ognuno con i suoi metodi, ognuno con le sue pratiche, mi sono stati vicini, mi hanno dimostrato solidarietà partecipando alla costruzione di una serie di mobilitazioni che io personalmente leggo in chiave antirepressiva, antiautoritaria e anti sbirresca. Sottolineo che questa è la mia chiave di lettura, poi ognuno c’ha la sua…..

 

Ringrazio anche tutti coloro che per amicizia e rapporti di tipo strettamente personale con me o con i miei familiari, si sono interessati alle mie condizioni di salute, in quel momento effettivamente critiche, e alla mia condizione legale; ribadendo comunque con forza la mia distanza da qualsiasi area che non sia la mia: genericamente libertaria, che non mi interessa etichettare ulteriormente, fondata  su modi di fare e di essere, legati alla politica del quotidiano, alla pratica dell’autogestione e costantamente critica nei confronti dell’esistente; nonostante le cazzate uscite sui soliti giornaluzzi e quelli che io ho percepito come tentativi di strumentalizzazione che hanno generato in me sensazioni ancora più sgradevoli, in quanto vissute in un momento di privazione della libertà di esprimermi.

 

La mia valutazione politica è quella di un ennesimo episodio di repressione brutale del dissenso. Una montatura basata su infondate testimonianze sbirresche. E basta.

 

Per quanto riguarda l’ordine degli eventi:

 la mia partecipazione spontanea e individuale al corteo del 9 a Roma, mi ha portata a trovarmi nella Piazzetta di S. Pantaleo, dove il corteo ha subito la violenza della negazione della possibilità di libero movimento in parte della città, che nei fatti per una giornata non è appartenuta alla gente che la vive, ma al controllo delle forze dell’ ordine e ai poteri forti dello stato e del mondo. L’ennesima zona rossa che un pò di gente ha deciso di non subire.

Durante la robusta carica della polizia nel vicolo tra piazzetta  S.Pantaleo e piazza Navona, sono stata colpita un paio di volte violentemente alla testa (scoperta) dai mangenelli, caduta a terra contro un muro, ho subito il pestaggio da parte di un numero di sbirri che può aggirarsi tra la quindicina e la trentina. Ormai completamente stordita sono stata ricondotta verso S.Pantaleo attraverso cordoni di poliziotti in antisommossa che durante il mio passaggio hanno continuato ad allungarmi manganellate. Prelevata da 2 agenti in borghese, ho dovuto insistere molto per avere dell’acqua ed essere portata in ospedale. Una volta al S. Spirito ho dovuto ancora insistere ore per essere visitata, solo di nascosto ho potuto contattare telefonicamente qualcuno per far sapere dov’ero e come stavo, dopo che il mio digos-piantone mi aveva intimato di chiamare, chi probabilmente stava cercando e di raccontare che stavo bene, bevendo una birra con gli amici in un pub. Arrivata in questura mi è stato comunicato lo stato di arresto e che lunedì si sarebbe tenuto il processo per direttissima. Poi sono arrivata a  Rebibbia, nella sez. femminile del carcere, con una richiesta d’isolamento, che date le mie condizioni fisiche, la dottoressa di turno ha preferito non accettare, assegnandomi all’ infermeria, e con una prescrizione di somministrazione di metadone, medicinale del quale io non ho mai avuto bisogno, giustificata con una confusione tra le cartelle mediche. Ho ricevuto, finalmente, le prime medicazioni e degli antidolorifici. Ancora stordita sono stata condotta in cella.

Durante la domenica ho ricevuto pasti che non potevo mangiare a causa del mio regime alimentare( comunicato al mio ingresso in istituto ) tranne del pane.Il lunedi mattina nelle cellette del tribunale ho atteso ore il mio processo con le altre detenute ascoltando gli agenti di custodia (non quelli di Rebibbia, non so da dove arrivassero) canticchiare canzoncine tipo: faccetta nera, l’inno nazionale oltre ad un pò di Battisti (il mio canto libero). Poi il processo finalmente mi ha portato  "con il culo a casa" e ci vediamo l’11 luglio.

 

 

Ancora un ringraziamento grandissimo, sperando di trovare il modo di farglielo arrivare, alle priginiere della sez. femminile del carcere di Rebibbia, che hanno espresso solidarietà stupenda e incondizionata, augurando loro ancora tanta forza e presto la libertà.

                                                                      
UN ABBRACCIO A TUTT*

CHIA’                                                                                                                  

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